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EDOARDO II

regia Antonio Latella

TEATRO MERCADANTE 23 Febbraio 2005   6 Marzo 2005
date da definire

23 febbraio – 6 marzo 2005

Teatro Stabile dell’Umbria
in collaborazione con Teatro Lauro Rossi di Macerata/Amat

Edoardo II
di Christopher Marlowe

traduzione Letizia Russo

regia Antonio Latella

con Danilo Nigrelli, Matteo Caccia, Marco Foschi, Annibale Pavone, Fabio Pasquini, Alessandro Quattro, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Nicola Stravalaci, Rosario Tedesco

costumi Annelisa Zaccheria

luci Giorgio Cervesi Ripa

suono Franco Visioli

Dopo tanto Shakespeare: Marlowe uomo e poeta, diviso tra università, politica e teatro. Mi affascina l’uso spericolato e ingegnoso che Marlowe fa delle Sacre Scritture, il modo in cui mescola sacro e profano, divino e osceno, dissacra il vecchio mondo e sacralizza il nuovo, come utilizza oltraggiosamente la lingua di tutti, come provoca e scuote il pudore del senso comune, come fa comunione con tutti di messaggi e sapere che dovrebbero e vorrebbero fossero solo per pochi. Marlowe mi affascina perché come poeta che cerca il suo essere uomo mette al centro dell’universo, della sua ricerca, l’uomo stesso; lo rende dio di se stesso e angelo, bestia vendicatrice pronta ad autodistruggersi. Depura l’uomo da ogni forma di romanticismo e lo rende uomo in cerca del suo essere ragione d’essere – uomo contemporaneo. Alla luce di tutto questo EDOARDO II non può e non deve essere letto solo come un testo che narra l’amore omosessuale di un re, ne mortificherebbe la grandezza universale che il testo ha tramandato negli anni, fino ad arrivare a noi intatto in tutta la sua contemporaneità. Bisogna avere il coraggio di non fermarsi ad un primo livello di lettura (già forte e folgorante) ma andare oltre, affogare nelle parole e fare delle parole stesse l’ancora di salvataggio; così facendo la parola diventa il punto centrale, la protagonista dell’intera opera. La parola che va oltre il dicibile e scardina le regole della censura di allora e di adesso con il suo essere cruda, energia, inquietante febbrile, virile, scabrosa, politica e POETICA. Parole terribilmente contemporanee che evitano gli orpelli per arrivare diritto come un pugnale al centro del cuore e della mente. “Mio padre è morto” è la frase che dà inizio al testo di Marlowe, il cui viaggio si conclude con la morte di un altro padre (lo stesso Edoardo) e consegna il testimone del potere, immerso nelle feci della corruzione, al figlio che porterà sulle spalle il peso delle colpe del padre e del padre di suo padre. Una cerimonia, un lunghissimo funerale, dove le icone della religione danno posto alle lance, alle bandiere del potere e della mediocrità umana. Non ci saranno né vinti, né vincitori, ma solo morti, corpi scuoiati per andare a rattoppare le folle della grande poltrona del trono regale fatto di pelle umana. Il testo di Marlowe inizia con una lettera, ma in realtà sembra una sola e lunga lettera: il testamento di un uomo le cui parole sono scritte con il sangue di Edoardo e di Marlowe stesso. Una lettera che non dà spazio all’ironia o alla commozione, ma parla il sangue con la sua lucidità; e il poco fiato che resta si tramuta in un urlo agghiacciante che ci condanna tutti per la nostra continua voglia di consolazione. Non vi è alcuna traccia consolatoria in EDOARDO II, è questo ci fa precipitare in un vuoto, in quella pausa d’attesa, prima del saluto finale. Quel vuoto, quella paura, sono il centro, il punto d’arrivo dello spettacolo.

Antonio Latella