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LA TRILOGIA DEGLI OCCHIALI

testo e regia Emma Dante

TEATRO SAN FERDINANDO 25 Gennaio 2011   6 Febbraio 2011
date da definire

LA TRILOGIA DEGLI OCCHIALI

testo e regia Emma Dante
con Carmine Maringola, Claudia Benassi, Stéphanie Taillandier, Onofrio Zummo, Elena Borgogni, Sabino Civilleri
scene Emma Dante, Carmine Maringola
costumi Emma Dante
disegno luci Cristina Fresia
coordinamento produzione – distribuzione Fanny Bouquerel / Amunì
una produzione
Teatro Stabile di Napoli, Compagnia Sud Costa Occidentale, Crt Centro di Ricerca per il Teatro
con la collaborazione del Théâtre du Rond Point – Paris

nuova produzione

Il teatro di Emma Dante dal palcoscenico ai libri alla fotografia
 In occasione delle rappresentazioni al Teatro San Ferdinando verranno presentati libri e pubblicazioni sul teatro della regista palermitana. Appuntamenti che lo Stabile di Napoli ha voluto promuovere – d’intesa con le case editrici e in collaborazione con le librerie coinvolte – per offrire al pubblico una più ampia conoscenza del lavoro artistico e della produzione teatrale di una grande protagonista della scena italiana.

Il programma prevede:

Giovedì 27 gennaio alle 18.30 al Teatro San Ferdinando, la presentazione del volume edito da Infinito, Il teatro di Emma Dante, fotografie di Giuseppe Distefano, testi di Emma Dante e Rodolfo Di Giammarco.
L’incontro è condotto da Stefano De Stefano.

Martedì 1 febbraio alle 17.00 al Teatro San Ferdinando, la presentazione del libro edito da Liguori, Anticorpi a cura di Luisa Cavaliere. Intervengono Rosella Postorino, Emma Giammattei, Adriana Maestro. L’incontro è condotto da Marina Rippa.

Venerdì 4 febbraio alle 18.00 alla Fnac di via Luca Giordano, la presentazione del volume edito da Rizzoli de La trilogia degli occhiali.

Sabato 5 febbraio alle 17.30 alla Libreria delle Donne evaluna in piazza Bellini, la presentazione del libro Intervista a Emma Dante di Titti De Simone, Navarra Editore.

A tutti gli appuntamenti, oltre a quella degli autori, è prevista la presenza della regista e della compagnia.

tournée 2010-11

25 gennaio – 6 febbraio Napoli, Teatro San Ferdinando
11-12 febbraio Festival de Liège
15 febbraio-6 marzo Milano, CRT – Teatro dell’Arte
9-27 marzo Roma, Teatro Palladium
29 marzo, Vicenza, Teatro Astra (Ballarini)
30 marzo Vicenza, Teatro Astra (Acquasanta, Castello)
31 marzo Mira, Teatro Villa dei leoni (Ballarini)
2 aprile Casalmaggiore, Teatro Comunale
5-10 aprile Cagliari, Teatro Stabile
13-15 aprile Genova, Teatro dell’Archivolto
18 aprile Venezia, Teatro Ca’ Foscari (Acquasanta)
26 aprile Fontemaggiore, Spello  (Ballarini)
27 aprile Teatro di Buti (Ballarini)
29-30 aprile Taranto, Teatro Tatà (Ballarini)
30 aprile Cascina, (Acquasanta/Castello)
3-8 maggio Torino, Fonderie Limone Moncalieri
9 maggio Asti, Teatro di Dioniso (Ballarini)
12 maggio Noto, (Ballarini/Castello)
18 -20 maggio Rouen/Petit Quevilly
14-19 giugno Mosca – Cheknov International Theater Festival

La trilogia è composta di tre spettacoli autonomi ma indissolubilmente legati da temi di marginalità: povertà, vecchiaia e malattia. Tutti i personaggi della trilogia inforcano gli occhiali. Sono mezzi cecati. Malinconici e alienati.

Acquasanta, capitolo I
con Carmine Maringola

“Mille cose sai tu, mille discopri,
che son celate al semplice pastore.
Spesso quand’io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovver con la mia greggia
seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?”
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, G. Leopardi

“Aggio visto a barriera corallina… e ‘u sole dirimpetto alla luna ca si lanciavano i raggi, li annodavano e li facevano scennere dintra ‘o mare… aggio visto ‘o mare ca pigliava colore… e un pesce spada ca teneva due spade… e ‘na medusa gigantesca ca s’arravugliava nei raggi d’o sole e d’a luna…. e ‘o pesce palla ca dintra d’isso teneva futuro e passato… aggio visto il polipo arlecchino coi tentacoli ‘i tutti ‘i colori e  i pisci tropicali ca ci ballavano sopra e sotto… e il Cristo di Rio, aggio visto, ca si tuffava dal Corcovado, a petto ‘i palomma…. aggio visto l’atro lato d’o munnu…. ‘o Giappone… a ro steveno ‘i pisci cu l’occhi a mandorla…. e un galeone di tre secoli fa…. chino ‘i gente che ballava… e che cantava i canzoni ‘i n’a vota… e n’iceberg…. enorme… ca si scioglieva in lacrime di cristallo….dintra all’abisso d’o mare….”. Un uomo si ancora sul palcoscenico, a prua di una nave immaginaria. Sta.  Esperto nel manovrare gli ingranaggi che muovono la simulazione della nave, ‘o Spicchiato si salva dalla finta burrasca che mette in scena per rievocare i ricordi della sua vita di mozzo. È imbarcato dall’età di 15 anni e da allora non scende dalla nave. Non crede alla terraferma, per lui è ‘n’illusione. Sopra la sua testa pende il tempo del ricordo: una trentina di contaminati ticchettìano inesorabili. Poi suonano e tutto tace. Il mare smette di respirare e ‘o Spicchiato rivive l’abbandono. Un giorno la nave salpa senza di lui, lasciandolo solo e povero sul molo di un paese straniero: la terraferma. Proprio lui che senza la nave si sente perso, lui che ha votato la sua vita alla navigazione, lui che giorno e notte ha bisogno di parlare con il suo unico grande amore: il mare. Le voci della ciurma, del capitano, gli rimbombano nella testa e ‘o Spicchiato, cantastorie, tira i fili dei suoi pupi. Ma nell’attesa del ritorno della nave, il mozzo, a prua, diventa di legno come polena di un vecchio galone.
Emma Dante

 

Il castello della Zisa, capitolo II
con  Claudia Benassi
Stéphanie Taillandier
Onofrio Zummo

“Nulla è cambiato.
Tranne forse i modi, le cerimonie, le danze.
Il gesto delle mani che proteggono il capo
è rimasto però lo stesso.
Il corpo si torce, si dimena e divincola,
fiaccato cade, raggomitola le ginocchia,
illividisce, si gonfia, sbava e sanguina.
Nulla è cambiato.
Tranne il corso dei fiumi,
la linea dei boschi, del litorale, di deserti e ghiacciai.
Tra questi paesaggi l’animula vaga,
sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana,
a se stessa estranea, inafferrabile,
ora certa, ora incerta della propria esistenza,
mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è
e non trova riparo.”
Wislawa Szymborska

Nicola ha gli occhi aperti ma non vede. Vive in un istituto assistito da due donne. La giovane e quella più anziana, tra una preghiera e l’altra lo puliscono, lo sfamano, lo rimproverano e lo stimolano con alcuni giocattoli, lanciandogli palle, palline e hula hoop. In uno stato catatonico, Nicola sta seduto su una piccola sedia, da quando, bambino, fu strappato alla zia nel quartiere popolare della Zisa dove viveva davanti a un favoloso castello… in quel castello è rinchiusa la sua infanzia, la sua spensieratezza… dalla mattina alla sera davanti alla finestra se ne stava a contare i diavoli appollaiati sul tetto e a difendere il castello che di notte diventava d’argento cu tutti ‘i stedduzzi che ci facevano da coroncina. Ma un giorno, Nicola, guardiano del castello con la maschera di drago e i guanti di artigli, viene spodestato. Allora s’incanta, per sempre. Siamo noi che gli vediamo alzare gli occhi al cielo, emettere un urlo, quell’urlo imprigionato nel suo corpo, siamo noi che lo sentiamo parlare, raccontare, accendersi di passione. Dura il tempo di un fiammifero questo nostro risveglio.
Emma Dante

 

Ballarini, capitolo III
con  Elena Borgogni
Sabino Civilleri
So che un amore
può diventare bianco
come quando si vede un’alba
che si credeva perduta.
Alda Merini

In una stanza, una vecchia donna è china su un baule aperto. Si alza con in mano una spina elettrica e una presa; non appena le collega sopra la sua testa si accende il firmamento. Da un altro baule appare un uomo vecchio che la guarda e le sorride amoroso. Lui si avvicina a lei. Lei l’aiuta a indossare la giacca di un abito da cerimonia che prende dal baule. Ballano. Lui con la testa poggiata sulla spalla di lei. Lei aggrappata alla giacca di lui. Si baciano. Lui la tocca. Lei si fa toccare. Lui le strofina la coscia con una gamba. Lei gli tiene la gamba per non fargli perdere l’equilibrio. Lui si sbottona la giacca e poi la patta dei pantaloni. La stringe a sé. Ha un orgasmo. Lei si soffia il naso e si gratta la coscia. Lui estrae dalla giacca un orologio da taschino: meno 5… meno 4… meno 3… meno 2… meno 1… al rintocco della mezzanotte lui fa scoppiare un piccolo petardo. Lui e lei si baciano. Lui infila la mano in tasca ed estrae una manciata di coriandoli. Li lancia in aria, festoso. La guarda. Lei lo guarda: “tanti auguri, amore mio.” Lui da un baule tira fuori una bottiglia di spumante. Lei dall’altro baule estrae un velo da sposa e se lo appoggia sulla testa, poi fa suonare un vecchio carillon. Si tolgono la maschera da vecchi, inforcano gli occhiali e riprendono a ballare. Sulle note di vecchie canzoni lui e lei festeggiano l’arrivo di un nuovo anno ballando a ritroso la loro storia d’amore.
Emma Dante