Una delle ultime sere di Carnovale costituisce la terza tappa di un’ideale trilogia civile che, dopo l’Alfieri de Il divorzio e il Marivaux de Il Trionfo del Dio Denaro, attraverso i toni sarcastici e irriverenti della commedia utopistica settecentesca, ha l’ambizione probabilmente ingenua “di proporre umili pause di riflessione civile a un paese troppo affannosamente confuso nella propria contemporaneità”. È il momento di un’altra perdurante ragione di ansia collettiva, che dopo tre secoli riappare puntuale nel dibattito pubblico italiano: quello dei giovani costretti dall’indifferenza del mondo dei padri,
Una delle ultime sere di Carnovale costituisce la terza tappa di un’ideale trilogia civile che, dopo l’Alfieri de Il divorzio e il Marivaux de Il Trionfo del Dio Denaro, attraverso i toni sarcastici e irriverenti della commedia utopistica settecentesca, ha l’ambizione probabilmente ingenua “di proporre umili pause di riflessione civile a un paese troppo affannosamente confuso nella propria contemporaneità”.
È il momento di un’altra perdurante ragione di ansia collettiva, che dopo tre secoli riappare puntuale nel dibattito pubblico italiano: quello dei giovani costretti dall’indifferenza del mondo dei padri, a portare altrove, lontano, la loro voglia di lavorare per il futuro. I titoli giornalistici si sprecano, svariando in formule stereotipate quali “la fuga dei cervelli” o “la ricerca in esilio” o altro ancora. Un tema di bruciante attualità messo in scena da Beppe Navello con la compagnia di Teatro Piemonte Europa.