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JEZABEL

versione teatrale di Francesco Niccolini, dall’omonimo romanzo di Irène Némirovsky, regia Paolo Valerio

TEATRO MERCADANTE 11 Febbraio 2020   16 Febbraio 2020
Teatro Mercadante, 2 Novembre ore 21.00 e
Teatro Mercadante, 2 Dicembre ore 17.00 e
Teatro Mercadante, 1 Gennaio ore 17.00 e
Teatro Mercadante, 1 Gennaio ore 21.00 e
Teatro Mercadante, 1 Gennaio ore 19.00 e
Teatro Mercadante, 1 Gennaio ore 18.00 e
11/02/2020 ore 21.00
12/02/2020 ore 17.00
13/02/2020 ore 17.00
14/02/2020 ore 21.00
15/02/2020 ore 19.00
16/02/2020 ore 18.00

JEZABEL
dal romanzo omonimo di Irène Némirovsky
versione teatrale Francesco Niccolini
regia Paolo Valerio
con Elena Ghiaurov
e con Roberto Petruzzelli, Leonardo De Colle, Francesca Botti Sara Drago, Giulia Odetto, Jozef Gjura
al pianoforte Sabrina Reale
movimenti di scena Monica Codena
scene Antonio Panzuto
costumi Luigi Perego
consulenza luci Luigi Saccomandi
musiche Antonio DI Pofi

produzione Teatro Stabile Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile Verona

Durata: 1 ora e 50 minuti (atto unico)

 

Il regista Paolo Valerio mette in scena uno dei romanzi più noti e pungenti della scrittrice Irène Némirovsky, Jezabel. Una donna sudamericana, bella, attraente, dotata di una misteriosa capacità di non invecchiare. Adorata da ogni uomo, corteggiatissima, Jezabel non può non sedurre. Elegante, ricchissima, mai volgare, naturalmente generosa. Da quando diciottenne appare per la prima volta a una festa danzante, fino all’epilogo (quando di anni ne ha sessanta), non smette mai di ballare. Eppure devastata da una catastrofe interiore: è ossessionata dall’invecchiare. Questo incubo la divora e trasforma

Il regista Paolo Valerio mette in scena uno dei romanzi più noti e pungenti della scrittrice Irène Némirovsky, Jezabel. Una donna sudamericana, bella, attraente, dotata di una misteriosa capacità di non invecchiare. Adorata da ogni uomo, corteggiatissima, Jezabel non può non sedurre. Elegante, ricchissima, mai volgare, naturalmente generosa. Da quando diciottenne appare per la prima volta a una festa danzante, fino all’epilogo (quando di anni ne ha sessanta), non smette mai di ballare. Eppure devastata da una catastrofe interiore: è ossessionata dall’invecchiare. Questo incubo la divora e trasforma ogni attimo di felicità in rimpianto e la gioia dell’attimo in terrore verso il futuro, paura di non essere più amata né corteggiata. Jezabel, giunta in Europa giovanissima a fine Ottocento, sempre al centro dei salotti più ricchi e nobili delle capitali d’occidente, vive avvelenata da quello stesso desiderio che la circonda, dalle ipocrisie, dai finti amori e dallo sfrenato bisogno di provare piacere: un piacere che tutti, in queste lunghe notti dall’edonismo sfrenato, cercano disperatamente. A fare da spartiacque, la tragedia della prima guerra mondiale, che si porta via tutti i ventenni e l’innocenza, lascia solo macerie: lampadari che crollano, pareti scrostate, solai sventrati e ferite che non si rimarginano. Per raccontare questa tragedia abbiamo immaginato, racconta Niccolini, un sacrario irreale, fatto di passato e presente, vivi e morti, avida voglia di vita e inferno, dove le ossessioni (e i sussurri e le grida) non ti lasciano in pace mai: sala da ballo di un tempo perduto e al tempo stesso aula da tribunale dove Jezabel è obbligata a fare i conti con la Giustizia, ma soprattutto con la sua coscienza, per troppo tempo anestetizzata. Forse è il giorno del giudizio, dove anche i morti hanno diritto a testimoniare, o forse più banalmente un qualunque processo, dove giudici e giuria devono raggiungere un verdetto, ma partendo da un pre-giudizio di colpevolezza. Ma quale sia la vera colpa, alla fine del Tempo, non è detto che si arrivi a capirlo.

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