LE DOGLIANZE DEGLI ATTORI A MASCHERA
testo e regia Enzo Moscato
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La nuova creazione di Enzo Moscato propone la fantasiosa riscrittura scenica di uno dei testi ritenuti tra i minori e i meno rivisitati di Carlo Goldoni, Il Molière, del 1751. Dell’antico copione originale, il testo di Moscato mette a fuoco l’ironica ma non superficiale intuizione psicologica dei personaggi; la tematica grottesca della passione nutrita dall’ormai maturo Molière per la giovane figlia della sua ‘storica’ amante, la Bejart (al limite del sospetto d’incesto); la dimensione drammaturgica, stupefacentemene ‘aperta’ e antididascalica, quasi modernamente meta-teatrale (un commediografo famoso che indaga la vita intima di un altro celebre autore di teatro, senza malevolenza, ma anche senza alcuna ambiguità o reticenza o ipocrisia); tenta, insomma, come afferma lo stesso Moscato, “di restituirci la trascurata opera del Veneziano in tutta la sua viva e anticonformistica incisività, in tutta la sua leggiadra e maliziosa levità d’atmosfere, fatta di ritmiche battute a rima baciata, che pendono, ‘qual graziosi fronzoli’, da una (invece) ferrea struttura formale ‘a incastro’ e ‘a rimando’, intessuta com’è, di allusivi specchi metaforici, di espliciti doppi ‘autorali’ (non solo Goldoni e Molière, ma anche ‘tracce’ di Petito, Scarpetta, Feydeau, nonché, ovviamente, la neo-drammaturgica vena dello stesso Moscato…), di significanze e accenti linguistici, dei più vari e meticci, pulsanti e musicali, nel cui mutevole fondo balugina, forse, l’autentica intenzione di Goldoni, nello scrivere e dedicare il testo al suo insuperato maestro ‘in pectore’ di Teatro, Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière, simbolo, egli medesimo, dell’essenza, semplice e profonda, del ‘fare’ scena: fatua doglianza e malcelata ‘nostalgia di maschera’ (chi fa Teatro ne ha sempre un prottettivo bisogno, forse…), trionfo e impopolarità, libertà e veleno, prigionia e mai vinto desiderio d’evasione, dagli impicci o contingenze della Vita. Più o meno quello che, ancora oggi, sotto qualunque cielo, un qualsivoglia artista prova e ri-prova sulla propria (e trascurabile) pellaccia”.